24 Set 2017 Senza bussola
(vari luoghi d’Italia, oggi)
I continui tagli alla finanza pubblica hanno indotto vari comuni a individuare terreni o fabbricati dismessi di loro proprietà e metterli in vendita tramite aste pubbliche. Quasi sempre, però, queste procedure hanno sortito esiti negativi.
Colpa della crisi, obietterà qualcuno, ma non solo.
Di solito le aste non sono corredate da alcuna informazione, tranne il rigido linguaggio burocratico del bando che descrive l’oggetto dell’offerta. Non un cenno sulle possibilità di sviluppo, nessuna relazione che descriva le potenzialità di mercato, le dimensioni della domanda, le caratteristiche della concorrenza. E’ un po’ difficile individuare un promotore disposto a sborsare svariati milioni di Euro (in vari casi si supera la decina) senza il minimo riferimento prospettico.
A metà degli anni ’80 in Francia si sviluppavano le cosiddette z.a.c. (“zone de aménagement concerté”), aree pubbliche che venivano alienate a promotori immobiliari, destinate in gran parte alla realizzazione di laboratori, strutture produttive, terziarie, commerciali. All’investitore che si presentava in Comune presso l’ufficio preposto veniva consegnato un fascicolo illustrativo che dettagliava l’evoluzione di tutte le “z.a.c.” comunali, indicando i lotti già venduti e quelli ancora disponibili; per ogni lotto si specificavano il prezzo d’area, l’acquirente, le volumetrie previste, quelle già realizzate, quelle già occupate e le varie tipologie di aziende insediatesi.
Trent’anni dopo, in Italia pretendiamo ancora di poter indire pubbliche aste senza fornire il minimo “focus” sulle caratteristiche del mercato locale. E senza neppure disturbarci a guardare cosa hanno fatto gli altri una generazione fa.
Da tempo, per la valutazione delle iniziative di sviluppo immobiliare, mi capita di svolgere dettagliate mappature dei cantieri presenti nel Comune di riferimento, individuando numero, tipologia e dimensioni delle unità, caratteristiche progettuali e delle pertinenze, prezzi richiesti e prezzi effettivi, andamento delle vendite. La sommatoria dei dati di ogni singolo cantiere fornisce indicazioni concrete sul mercato delle nuove costruzioni in quel contesto territoriale, e quando i dirigenti di alcuni comuni hanno visto tale strumento, l’hanno giudicato un supporto fondamentale alla pianificazione e regolazione urbanistica.
Ma non per questo se ne sono dotati, e continuiamo ad assistere a programmi che navigano “a vista”, basandosi su prospezioni demografiche che hanno valenza effimera, spesso limitandosi a estendere sulla linea del tempo delle rette che già stanno per curvare. Ricordo il P.R.G. di Genova 1980 che prevedeva una città di un milione di abitanti e aveva tappezzato il territorio di scuole per accogliere le miriadi di bambini che stavano per nascere… Il risultato è sotto gli occhi di tutti: crisi delle nascite, decrescita demografica e una popolazione scesa da 850.000 a 600.000 unità.
Purtroppo sono ancora pochi quelli che comprendono l’effettiva correlazione bilaterale fra mercato immobiliare e urbanistica.
Nel 2006 il “boom” era all’apice. Dovunque andassi a svolgere indagini, incontravo cantieri zeppi di clienti, vendite sulla carta, interventi che si esaurivano molto prima della fine lavori. Potete immaginare la mia sorpresa quando, in una cittadina del nord-est, mi imbattei in un blocco assoluto delle vendite, dozzine di appartamenti ultimati e deserti, uffici vendite alla canna del gas: una specie di anticipazione del panorama che sarebbe diventato tanto abituale qualche anno dopo. La società immobiliare promotrice della maggiore iniziativa, ultimata da tempo, nutriva ormai così poche speranze di vendere il centinaio di appartamenti residui che si era messa ad affittarli, per recuperare almeno un po’ di canoni.
Stupefatto da questo scenario apocalittico in un’epoca di vacche grasse, mi misi a indagarne il motivo, e lo trovai. Lo strumento urbanistico adottato sette anni prima esordiva con questa asserzione: “Secondo le previsioni, nel prossimo decennio la popolazione nel nostro comune aumenterà di 10.000 abitanti. Tuttavia, siccome siamo fautori di una crescita della nostra città, il presente strumento prevede uno sviluppo edilizio capace di ospitare una crescita demografica di 20.000 persone.”
La corsa all’apertura di nuovi cantieri aveva sconvolto l’equilibrio territoriale: l’effettiva esigenza di nuovi alloggi si era saturata rapidamente e il surplus era rimasto invenduto. Perché uno strumento urbanistico può alterare l’offerta immobiliare, ma mai la domanda.