25 Set 2017 OK il prezzo è giusto!
(vari luoghi d’Italia, dal 1983 ad oggi)
L’indagine di mercato era stata chiarissima: “gli appartamenti dell’iniziativa immobiliare si potranno vendere a un prezzo medio di 3.300 Euro/mq.”
L’ubicazione era interessante: la ristrutturazione di un palazzo storico nel centro di una dinamica cittadina dell’Italia centrale, ricavandone una trentina di residenze.
Quasi un anno dopo l’imprenditrice mi chiama e vado a incontrarla.
“Non capisco, si è sparsa la voce che vendiamo a 4.000 Euro/mq. e in cantiere non si vede più nessuno!” Scandalizzata, mi fa vedere i listini per dimostrarmi che quelle dicerie sono fasulle, che non stanno proponendo gli alloggi a 4.000 Euro/mq. Infatti, nessuna unità supera i 3.900 Euro/mq. così come nessuna viene offerta a meno di 3.700 Euro/mq.
“Ma l’indagine di mercato diceva che avreste potuto vendere a una media di 3.300 Euro/mq. e non di 3.800.” obiettai.
“Ci abbiamo provato, e infatti abbiamo venduto cinque appartamenti.”
Ma adesso si trovavano a metà del guado, senza poter andare né avanti né indietro.
“Se venisse qualcuno in cantiere, potremmo proporre anche il 15% di sconto, ma non si fa vivo nessuno… E non possiamo mica urlarlo ai quattro venti, perché se si sparge la voce che abbassiamo i prezzi, perdiamo credibilità… E poi, cosa faremmo coi clienti che hanno già comprato?”
La storia ha una fine triste. Niente incassi dai clienti, niente pagamenti all’impresa appaltatrice. I lavori si fermano e nel pubblico insorgono timori e perplessità. In capo a un paio d’anni la società immobiliare fallisce.
L’imprenditrice si era trovata a sperimentare sulla propria pelle una vecchia regola delle operazioni immobiliari: è facile aumentare i prezzi, ma quasi impossibile abbassarli.
Me l’aveva insegnato il mio primo capo, direttore commerciale di un gruppo immobiliare, uomo di grande esperienza e sconfinata sensibilità personale. E aggiungeva:
“Quando apro le vendite di un nuovo cantiere, se dopo un mese non ho venduto un chiodo, me ne rammarico ma non mi sento in colpa: se il mercato non c’è, non posso farci nulla. Se invece ho già venduto tutto, significa che ho sbagliato e ho fatto perdere soldi all’azienda, perché avrei potuto alzare i prezzi.”
Ero con lui da un anno quando mi trovai a redigere il listino-prezzi per un’iniziativa molto particolare: sei corpi di fabbrica identici; a sud, una splendida vista mare; a nord, uno sputo di verde e, pochi metri più in là, la parete scoscesa di una cava abbandonata. Su ogni piano c’erano due grandi appartamenti passanti, che si affacciavano sia davanti che dietro; ma c’era anche un bilocale esposto solo a sud e un altro solo a nord. L’equazione consisteva quindi nel trovare il corretto differenziale di prezzo fra questi due bilocali.
Allora c’erano le vecchie lirette con tanti zero, ma per riguardo verso gli Euro utilizzerò come unità di misura le migliaia di lire. Iniziai prevedendo prezzi unitari di 1.100 per i due appartamenti passanti, 1.000 per il bilocale a nord e 1.200 per quello a sud. Dopo due settimane osservai l’andamento delle vendite: 3 appartamenti passanti, 6 a sud e nessuno a nord. Allora aumentai il divario fra sud e nord: 1.250 contro 950, ma la seconda quindicina non sortì risultati molto diversi.
Per farla breve, fu solo al quarto mese che raggiunsi l’auspicato equilibrio: 2 vendite a sud e 3 a nord. Qualcuno indovina il livello raggiunto dai prezzi unitari?
A nord 750, a sud 1.500. Frattanto i prezzi degli appartamenti passanti erano man mano saliti fino a 1.200, adottando la strategia dei continui, piccoli aumenti che tengono i potenziali interessati “sulla corda”, inducendoli ad accelerare la decisione di acquisto.
Il “pricing” delle iniziative immobiliari è una sottile alchimia che non può prescindere da una constante attenzione al mercato. E chi non lo applica correttamente rischia di combinare guai.